Trevi
è un comune della provincia di Perugia. È
inserito tra i Borghi più belli d'Italia. Il
territorio del comune si estende dal fondovalle (210
m s.l.m.) ai monti Brunette (1.422 m) e Serano (1.429
m), e si può equamente ripartire in tre zone
distinte di pianura, collina e montagna, ricoperte
da vegetazione altrettanto differenziata. In pianura,
i terreni fertilissimi e ben irrigati da numerosi
corsi d'acqua, anticamente occupati in gran parte
dal "lacus Clitorius", si prestano alla
semina di specie annuali. La collina, di calcare alcalino
molto "sciolto" e quindi molto drenante,
è l'ambiente ideale per la coltivazione intensiva
e altamente specializzata dell'olivo, che dà
un olio tipico e molto pregiato. La montagna infine
è ricoperta di boschi, in massima parte cedui,
e prati.
Tutto
il territorio offre straordinarie risorse naturalistiche
e ambientali, nonostante sia intensamente antropizzato,
poiché è abitato da millenni, compresa
la zona montana ormai spopolata.
Da
vari decenni, infatti, si registra l'abbandono degli
insediamenti alle quote più elevate e l'aumento
demografico delle località di pianura, fenomeno
ormai generalizzato. L'espansione più consistente,
iniziata nell'immediato dopoguerra e tuttora in atto,
interessa principalmente Borgo Trevi (attività
commerciali, uffici e abitazioni), Pietrarossa (zona
industriale) e Matigge (artigianato, piccola industria,
commercio).
Fiumi
e canali, tutti di modesta portata, scorrono in direzione
SudNord e confluiscono in un unico collettore
nei pressi di Bevagna. Il loro corso è il risultato
di secolari opere di bonifica, documentate già
dal tempo del re Teodorico (VI secolo) e protrattesi
fino ai giorni nostri, quando fu costruita la diga
per regolamentare le acque meteoriche del torrente
Marroggia, che era soggetto a frequenti e disastrose
esondazioni.
Il
maggiore dei corsi d'acqua di portata regolare è
il Clitunno, alle cui acque venivano attribuite proprietà
miracolose, tanto da essere deificato in epoca romana
e cantato da numerosi poeti, dai classici latini fino
al Byron e al Carducci.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Plinio il Vecchio la classifica come una città
degli Umbri, e il nome latino Trebia potrebbe derivare
dalla radice umbra treb-, componente delle parole
che in quella antica lingua indicavano casa, costruzione,
costruire. La sua esistenza, prima della dominazione
romana, è testimoniata anche dalla "stele
di Bovara", con iscrizione arcaica, rinvenuta
di recente, ma nel suo territorio stanziarono civiltà
preistoriche, come attestano ritrovamenti del paleolitico.
Acquistò grande rilevanza quando, in età
imperiale, fu ripristinato l'antico corso della Flaminia
e si sviluppò in pianura, in località
Pietrarossa, una vera civitas con edifici monumentali
di cui rimangono numerosi resti, mentre sul colle
seguitò a sussistere l'arce fortificata con
robuste mura del I secolo a.C., tuttora visibili.
In antico aveva giurisdizione anche su "ville"
di montagna a est e su gran parte della valle sottostante,
attraversata dalla Flaminia e solcata dal Clitunno,
allora navigabile. Fu sede vescovile fino all'XI secolo.
Con il dominio dei Longobardi, che istituirono il
potente ducato di Spoleto, Trevi fu assegnata a un
gastaldo. Agli inizi del XIII secolo si costituì
in libero comune, che alleatasi con Perugia per difendersi
da Spoleto fu, con alterne vicende, in lotta con i
comuni vicini, ottenendo il libero governo soltanto
nel 1389. Subì il dominio di vari capitani
e, segnatamente, il funesto vicariato dei Trinci di
Foligno fino al 1438 quando, tornata al diretto dominio
della Chiesa sotto la legazione di Perugia, seguì
le sorti dello Stato Pontificio fino all'unificazione.
Nel 1784, da Pio VI, fu reintegrata al titolo di città.
Nel
basso Medioevo e nel Rinascimento ebbe il suo periodo
migliore, caratterizzato da straordinari commerci
che ne favorirono la floridezza economica (veniva
chiamata "il porto secco"), testimoniata
ancor oggi dai numerosi palazzi del centro storico,
degni di figurare in città ben maggiori, e
la crescita economica fu accompagnata da vivacissima
attività culturale e sociale. Già nel
1469, per favorire la circolazione del denaro svincolato
dall'usura, vi fu eretto uno dei primissimi Monti
di Pietà, seguito poi dal Monte Frumentario
e varie altre istituzioni benefiche e assistenziali.
L'attenzione rivolta all'elevazione culturale ebbe
la massima espressione con l'istituzione del Collegio
Lucarini, attivo fino all'avvento della Scuola Media
Unica. Ma l'avvenimento più qualificante per
la storia culturale di Trevi fu l'impianto di una
prototipografia già nel 1470. Essa fu la prima
in Umbria e la quarta d'Italia, e per il particolare
contratto con cui venne istituita, si può classificare
come la prima società tipografica di cui si
abbia memoria in assoluto.
Non
meno interessanti sono la storia e le tradizioni legate
alla cultura religiosa. Documenti antichissimi attestano
che sant'Emiliano, il primo vescovo della città,
martirizzato sotto Diocleziano, fu legato ad una giovane
pianta di olivo per essere decapitato. L'olivo ultramillenario,
il più vecchio dell'Umbria, si può ancora
ammirare, vegeto, a trecento metri dalla gloriosa
abbazia benedettina di Bovara. La devozione verso
S. Emiliano ha influenzato la cultura e la storia
di Trevi. Lungo un percorso inalterato da secoli si
svolge ancora, la sera del 27 gennaio, vigilia della
festa del Santo, la straordinaria processione notturna
detta dell'Illuminata, che è sicuramente la
manifestazione più antica della regione. Attraverso
vari secoli, molti trevani si sono distinti nei più
alti gradi della gerarchia ecclesiastica e vari altri
hanno acquistato fama di santità per le loro
opere. Tra i più recenti: il beato Placido
Riccardi (1844-1915), abate benedettino di Farfa,
sant'Antonino Fantosati (18421900) missionario
francescano, vescovo e martire in Cina e il beato
Pietro Bonilli (1841-1935), umile parroco di campagna,
fondatore della congregazione delle suore della Sacra
Famiglia, per l'assistenza alle cieche e sordomute,
tuttora operanti in vari continenti. Tra le varie
case religiose hanno acquisito benemerenza particolare
i benedettini dell'abbazia di Bovara, che dettero
un forte impulso all'agricoltura, bonificando vaste
zone della valle e sviluppando in collina la coltura
dell'olivo, che con alterne fortune è coltivato
in queste zone da tempi antichissimi e fornisce un
olio tra i più apprezzati.
Altro
prodotto tipico dell'agricoltura locale, che merita
una menzione particolare, è il sedano nero di
Trevi, una cultivar particolare che cresce su un fertilissimo
fazzoletto di terra, fino a pochi secoli addietro occupato
dalle acque del lago Clitorius.